Nella parte mediana della Valle dell’Alcantara la ferace vegetazione è solcata da un lungo e profondo crepaccio -un vero e proprio CANYON- dentro cui scorre il fiume Alcantara. |Guarda il filmato|
È così che si presentano LE GOLE al visitatore non appena sceso dall’auto o dal pullmann e si affaccia a guardare dalle balze a strapiombo sul greto del fiume. Per scendere in fondo alla grande depressione fluviale esiste ancora un ripido sentiero – abbandonato -rudimentalmente tracciato nel passato con numerosi rozzi gradini, che consentì per tanto tempo l’accesso alle Gole e in un modo certamente non agevole; mentre adesso -più confortevolmente – è funzionante un attrezzato impianto di ascensori che in meno di un minuto porta i visitatori a pochi passi della bocca della gola che, già dall’esterno, offre uno scenario altamente suggestivo. L’orrida bellezza (veramente da inferno dantesco) viene sempre più esaltata – man mano che ci si inoltra all’interno della strettoia – dalle nicchie, dai gorghi e dalla luce tetra dei raggi solari che illuminano solo di riflesso; per rimanere infine esterrefatti osservando la stupefacente geometria di quell’infinità di prismi lavici che compongono la struttura delle pareti, dai cui interstizi trasuda e zampilla acqua gelida.
Queste GOLE sono state definite un monumento della natura, ma ci sia consentito di affermare che è anche un capolavoro della natura per quanto diremo più avanti provandoci a spiegare il come è stato realizzato. Si parte, anche per le Gole, da quell’immane fiume di fuoco – scaturito nella notte della preistoria (si suppone nel periodo terziario) dal vulcano di Mojo Alcantara – che “alluvionò” tutto il resto della valle sino al mare. Cessata che fu l’eruzione, sull’arida superficie della colata trovò la sua sede – l’alveo – un altro fiume (d’acqua questa volta): l’ALCANTARA. Con l’ausilio delle acque di questo fiume la natura provvide a trasformare – nei millenni seguenti – quell’arida crosta in un lussureggiante giardino.
Le acque del fiume scorrendo sopra quell’informe letto di lava – insinuandosi fra i grossi e duri macigni – hanno anche esercitato un’azione di erosione su quella parte della colata costituita da materiali “più teneri”, ossia le scorie.
È solo in questi termini che si deve parlare di erosione, e non come alcuni articolisti vanno scrivendo – a descrizione della natura della gola – che questa sia il risultato della millenaria azione erosiva del fiume dentro la lava. Niente di più inesatto. Lo scorrere dell’acqua sopra una durissima pietra qual’è il basalto può solo lisciarla, levigarla, anche nell’arco di millenni. Scartato il concetto di lava erosa, solcata, scanalata, più ragionevolmente invece ci sarebbero altre ipotesi da fare, che meglio ci vengono in aiuto per capire se non a svelarci – quello strano e alquanto misterioso fenomeno (verificatosi indubbiamente durante la fase di consolidamento del magma) che originò questa lunga e profonda gola.
Una ipotesi potrebbe essere quella che la massa potè spaccarsi durante la fase di consolidamento per effetto di enormi tensioni interne. Ipotesi attendibile questa; però osservando attentamente la struttura delle pareti della gola notiamo che quella lato provincia di Messina, presenta prismi a sezione quadrangolare e in posizione verticale, mentre quella lato provincia di Catania, li presenta a sezione pentagonale e in posizione orizzontale. Non essendoci quindi uniformità nelle due strutture l’ipotesi della spaccatura non regge più, ma ciò fa anzi supporre che le pareti appartengano non a un’unica colata bensì a due distinte e separate colate.
A questo punto avanziamo una nostra ipotesi. Quell’immane fiume di fuoco che scorreva lungo la valle dovette incontrare in questo luogo un “ostacolo” (una lingua di terreno più o meno solida) biforcandosi, per ricongiungersi più avanti, imprigionandolo nella massa fluida.
Altra ipotesi: che due rami della grande colata convergendo in questo punto abbiano stretto a tenaglia un costone di terreno umidissimo (argilla, presumibilmente).
Sia nell’uno che nell’altro caso, questo “corpo estraneo freddo”, trovandosi improvvisamente dentro quella massa infuocata – avente una temperatura elevatissima (intorno ai 1200 c.) – ha provocato il repentino raffreddamento del magma, per cui si originarono forti tensioni interne col conseguente sprigionarsi delle forze cristalline operanti nella massa stessa. Per effetto ditali forze – come bene ci insegnano i vulcanologi – la lava si è strutturata in grossi prismi; tipico fenomeno questo che subentra (sempre a detta dei vulcanologi) all’atto del raffreddamento repentino e che divide la roccia in una infinità di prismi perpendicolari alla direzione della colata.
Esempi di altre rocce prismatiche esistenti in Europa si hanno solo in Irlanda (con il famoso selciato del gigante) e nelle Isole Eolie (che sono di origine vulcanica) a Panarea, a Vulcano e nell’isolotto di Dattilo; tutti (si noti) a contatto del mare. Le citazioni di queste località è legittima per meglio far comprendere la natura dello strano agglomerato prismatico che si osserva all’interno della grande roccia “solcata” dal fiume Alcantara. Concludiamo la nostra congettura sulla formazione della gola dicendo che questa è venuta alla luce mercè l’azione erosiva (e adesso si che c’entra) delle acque del fiume Alcantara che – scavando nel corso dei millenni – ha portato via quel “corpo estraneo” (di natura evidentemente più “tenero” del durissimo basalto). Un capolavoro, uno dei tanti di cui Madre Natura ha voluto essere tanto prodiga in questa nostra meravigliosa isola.
L’Alcantara è uno dei quattro fiumi principali dell’isola. Nasce dai monti Nebrodi, nei pressi di FLORESTA (a 1200 m. di altitudine) e snoda il suo corso in un pittoresco vallone boscoso sino a toccare la base dell’Etna a Randazzo – da dove comincia a meritarsi il nome di fiume per il cospicuo tributo di accrescimento che gli viene dai torrenti che scendono dalle pendici del vulcano e dagli affluenti che lo ingrossano a Francavilla – per sfociare infine nello Jonio a Giardini Naxos.
Le sue generose acque (linfa vitale della valle) – da sempre utilizzate per l’irrigazione dei folti giardini di aranci e limoni – alimentano sotto Motta Camastra due centrali idroelettriche (sufficienti nel passato a dare energia elettrica a tutta la Sicilia orientale), nonché gli acquedotti di una vasta zona di comuni sino alla città di Messina.
Dal bacino centrale sino alla foce, ossia da Mojo Alc. a Naxos, il letto del fiume è tutto pietra lavica; le acque scorrono cioè sopra quella menzionata colata di lava scaturita nella preistoria dal vulcano di Mojo. L’alveo presenta pertanto anfrattuosità che determinano l’irregolare scorrimento delle acque che sono, ora frenate (con incantevoli laghetti) ora precipitose (con stupende cascate). Tali bellezze purtroppo non sono facilmente visitabili per la semplice ragione che le acque scorrono -nei punti più spettacolari – in zone inpervie e pressoché inaccessibili, essendo l’alveo dentro burroni e crepacci, sempre di pietra lavica.
IL “CAPOLAVORO” NASCOSTO
La gola – esistente da millenni – è stata “scoperta” solo da pochi decenni (inizio anni Cinquanta).
Ma perché è rimasta per tanto tempo “nascosta” persino agli stessi abitanti della zona? La risposta è semplice: la pericolosità che presentava la discesa lungo il costone a strapiombo sul fiume, scoraggiava qualsiasi tentativo, e pertanto la sua pressoché assoluta inaccessibilità. Chi scrive è orgoglioso di essere stato nella gioventù il “pioniere” (insieme ad un gruppo di suoi coetanei di Francavilla) nella “scoperta” della gola, avventurandosi -in una specie di alpinismo alla rovescia – nella discesa lungo il precipizio sino al greto del fiume.
La suggestione dello scenario di straordinaria bellezza presentatosi ai suoi occhi lo ha incoraggiato a ritornarci con la macchina fotografica.
Dalle prime (in senso assoluto) storiche foto in bianco e nero, si è passato alla stampa delle prime due cartoline (sempre in b. e nero) che, poste in vendita nella vicina Taormina, hanno attirato l’attenzione di un notissimo produttore cinematografico (presente a Taormina per girare un film) che non si è lasciata sfuggire l’occasione di girare alcune scene di grande efficacia. Per consentire alla sua troupe la discesa, ha fatto tracciare a sue spese un sentiero con una infinità di rozzi gradini in cemento.
Si apriva così l’accesso alla gola (anche se in modo un po’ precario) e con esso “l’apertura” ai primi turisti Tedeschi, come sempre affascinati dal richiamo esercitato dalle due cartoline menzionate. Con la crescente notorietà sono venuti sul luogo altri produttori cinematografici (una dozzina) per altre importanti riprese scenografiche.
Mappa della Valle dall’Alcantara
Il vertiginoso sviluppo turistico raggiunto in pochi anni è un merito che va riconosciuto senz’altro all’imprenditore privato che, superando ostacoli e sacrifici di ogni genere, ha saputo valorizzare al massimo queste GOLE creando costose opere ricettive e ricreative – che vanno dall’ampio parcheggio (gratuito) per auto e pullman, al posto di ristoro, dove vengono serviti delle specialità dal sapore irripetibile sino all’impianto di ascensori – che consentono di mantenere sempre alta l’affluenza di visitatori in tutti i giorni dell’anno.
Ma un piccolo merito di riconoscenza lo chiedono anche quelle due umili cartoline in bianco e nero, apparse nel non lontano 1950, che per primi hanno “svelato” il “capolavoro”; dando così il loro primo modesto contributo alla sua valorizzazione turistica.
Le Gole hanno una larghezza media di 5 metri, l’altezza supera in alcuni punti i 50 metri, mentre la lunghezza è di circa 400 metri, di cui solo una parte (un terzo) è ancor oggi visitabile (sia pure in costume da bagno o se muniti di stivaloni). Il resto rimane praticamente inaccessibile per la ragione che la gola presenta punti molto stretti e tortuosi, dove, appunto, l’acqua assume un’ accelerazione con pericolosi vortici. Pertanto, è rischiosissimo avanzare contro corrente.C’è poi, a metà cammino, una barriera naturale, invalicabile, costituita da una cascata del fiume con un salto verticale di diversi metri.
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